In questi giorni, a proposito del
tragico terremoto che ha colpito il Centro Italia, giornali, telegiornali,
politici e social network stanno facendo a gara nell’indicare la ricostruzione
operata in Umbria dopo il terremoto del 1997 come modello di efficienza e
serietà. A supporto di tale tesi, il fatto che a Norcia e in Umbria non ci
siano state vittime e che gli edifici hanno tenuto. Ma siamo davvero sicuri che
il “modello umbro” sia quello giusto, da seguire ed “esportare” in tutta
Italia? Innanzitutto non si capisce come mai, se gli edifici hanno tenuto, ci
siano quasi 1200 sfollati umbri che sono stati sistemati nelle tendopoli… Se è
vero che gli edifici hanno tenuto, come mai è crollato un pezzo del campanile
di Castelluccio di Norcia e persino a Foligno e a Spoleto ci sono due scuole
inagibili? Davvero in Umbria va tutto bene e non c’è nessuna emergenza, come
vogliono farci credere? Non è la prima volta che il “modello umbro” di
ricostruzione viene tirato fuori: già nel 2009, dopo il terremoto a L’Aquila,
l’attuale ministro Franceschini affermava che «il modello attuato in Umbria ha
funzionato e dovrebbe essere attuato anche in Abruzzo»: ma quale modello umbro!
Nel 2009, ben 12 anni dopo il terremoto in Umbria, gli sfollati erano ancora
migliaia, stipati in container di latta torridi d’estate e gelidi d’inverno, e
i lavori di ricostruzione, in gran parte dei paesi, erano ancora in alto mare
(persino Assisi era costellata di cantieri e transenne)! Oggi, a distanza di 19
anni dal sisma, ci sono ancora famiglie umbre che aspettano di tornare nelle
loro case… Chi pensa a queste persone? Per non parlare poi delle enormi lacune
nei controlli sulla ricostruzione post-sisma, con contributi dati “a pioggia”
senza criterio, lavori eseguiti male e appalti assegnati a imprese fallite poco
dopo aver preso i soldi: che dire, niente male per un “modello” da esportare…
Infine, in pochi ricordano che la ricostruzione, costata complessivamente circa
8 miliardi di euro, aprì le porte dell’Umbria alle prime infiltrazioni della
criminalità organizzata, attraverso il sistema dei subappalti edilizi; tale
tesi è stata confermata qualche anno fa persino da Giuseppe Lumia, ex
Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia… Di quale “modello umbro”
si sta parlando? Noi non vogliamo creare allarmismi, né condannare nessuno, ma
non vogliamo che si faccia retorica o propaganda su un tema tanto tragico
quanto delicato! Se si vuole guardare a un modello di ricostruzione italiano,
si deve guardare al Friuli Venezia Giulia dopo il sisma del 1976, non
all’Umbria. Il vero problema, purtroppo, è che l’Italia non è più un paese
moderno per quanto concerne i criteri antisismici per le nuove costruzioni:
adottiamo dei sistemi che in altri paesi sono stati superati da decenni!
Costruiamo ancora case ed edifici in calcestruzzo o cemento armato, mentre in
stati come Giappone o California travi e pilastri sono tutti in acciaio o, se
si tratta di piccole costruzioni, in legno… Perché non si ha il coraggio di
prendere a modello questi paesi? Perché in Italia non c’è la volontà di modernizzarsi?
Perché si continua a fabbricare in cemento armato, magari depotenziato con
sabbia per risparmiare? Forse per non disturbare il potere dei soliti
costruttori e palazzinari…? Poi non stupiamoci se in Italia ospedali o scuole
inaugurati da pochi anni e costruiti secondo le “norme antisismiche” italiane,
crollino giù alla prima scossa di terremoto…
Carla Spagnoli
Presidente Movimento per Perugia
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