Movimento per Perugia

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martedì 28 marzo 2017

Minimetrò: senza soldi pubblici che fine farà il “brucomela”?


Ritorniamo a parlare dei trasporti pubblici locali. Se Umbria Mobilità piange, con l spettro della liquidazione sempre più vicino, di certo il Minimetrò non ride. Da mesi, infatti, tra Regione Umbria e Comune di Perugia è in atto un “contenzioso” da ben due milioni di euro: tale, infatti, è la cifra che ogni anno la Regione stanziava per il “brucomela” e che quest’anno ha deciso di tagliare, per via dei finanziamenti statali diminuiti e dei famosi sei milioni di euro bloccati dalla Procura! Il Comune, da parte sua, non può permettersi di spendere altre risorse per il Minimetrò oltre ai circa 10 milioni di euro che ogni anno deve sborsare tra mutuo, spese di gestione e manutenzione e costi per l’energia elettrica… Come si dice, il “piatto piange”! Tutti i nodi cominciano a venire al pettine: finora, grazie ai milioni di euro di finanziamenti pubblici, il Minimetrò ha potuto chiudere i bilanci in attivo, nonostante gli utenti siano stati sempre ben al di sotto delle stime previste dalla società… Ma che succederà adesso, se la Regione non mette i due milioni di euro? Il bilancio 2015 della società, l’ultimo disponibile, si era chiuso con 152.751,13 euro di attivo: dobbiamo quindi concludere che, se non arriveranno i due milioni, il bilancio 2017 sarà destinato inevitabilmente a chiudere in rosso! E se i finanziamenti non arriveranno neanche negli anni successivi si rischia di chiudere i prossimi bilanci in rosso per arrivare, entro circa tre anni, al fallimento! Che si fa allora? Temiamo che per salvare il Minimetrò Comune e Regione o aumenteranno ulteriormente le tasse o risparmieranno sugli altri servizi (ad esempio, taglio alle corse degli autobus e dei treni); ma chi si assumerà la responsabilità di questi tagli? Chi spiegherà la diminuzione delle corse a quei cittadini che non sono serviti dal Minimetrò, ma che pagano fior di tasse per mantenerlo? Ricordiamo che il “brucomela” serve soltanto una parte piccolissima della città, lasciando fuori tutti i Ponti e persino la zona dell’ospedale! Un vero e proprio fallimento… Fin dal 2008, anno d’inaugurazione di questa sciagura, abbiamo detto che il Minimetrò era un’opera inutile, già fallita in partenza e costosissima, una vera e propria mazzata per le casse pubbliche e per il servizio dei trasporti il cui stato, oggi, è sotto gli occhi di tutti… Senza i finanziamenti pubblici, che poi sono i nostri soldi, il Minimetrò è destinato a una “caduta libera”: perché continuare questa lenta agonia? In Francia il Minimetrò è stato chiuso senza tanti problemi… Quando “staccheranno la spina” a Perugia…?
Carla Spagnoli

Presidente Movimento per Perugia

martedì 14 marzo 2017

Rifiuti, la vera emergenza è la non programmazione!


In questi giorni molto si è parlato a proposito di una presunta “emergenza” rifiuti in Umbria… Da quando sono state chiuse le discariche di Pietramelina e Borgogiglione, chiusure peraltro annunciate da tempo, il sistema di raccolta e gestione dei rifiuti sembra che stia per andare in tilt. Da qualche mese, addirittura, Gesenu “esporta” ogni giorno tonnellate di rifiuti organici in Emilia Romagna e, da poco, anche in Abruzzo… Una cosa non è chiara: quanto verranno a costare in più questi conferimenti fuori regione? Quanto inciderà questo “export” sulle tariffe per gli umbri? La cosa più assurda è che mentre esportiamo i nostri rifiuti organici, nello stesso tempo ne importiamo a tonnellate da altre regioni! Infatti in Umbria ci sono già dei grandi impianti di compostaggio di ultima generazione e in grado di trattare grandi quantità di organico e verde. Tuttavia la percentuale di rifiuti provenienti dall’Umbria e trattata in questi impianti è minima, il resto viene da fuori! Nell’impianto di Nera Montoro, ad esempio, su 34.200 tonnellate di organico e verde trattato, solo il 31% era umbro (dati Arpa 2015); ancora peggio all’impianto “Le Crete” di Orvieto dove, su 3.500 tonnellate trattate, ben l’82% non erano rifiuti umbri (dati Arpa 2015)… Ma che senso ha allora portare i rifiuti organici in Emilia Romagna o Abruzzo, quando possono essere smaltiti e trasformati nel nostro territorio? Si dice che portare i rifiuti in questi impianti potrebbe costare più che mandarli fuori regione. A questo punto ci chiediamo: che razza di programmazione è questa? Com’è possibile che  portare i rifiuti da Ponte Rio a Orvieto potrebbe costare più che da Roma in Germania??? È una situazione pazzesca, che va oltre ogni immaginazione… Per quanto riguarda il moderno impianto di biogestione di Foligno abbiamo invece alcune domande: è vero che, su una capacità dell’impianto di trattare 53.500 tonnellate di organico, l’Ati3 (la partecipata regionale che gestisce i rifiuti delle zone di Foligno, Nocera e Spoleto) può smaltirne per contratto solo 20.000, come denunciato dal Comitato “Inceneritori Zero”? E le tonnellate rimanenti da dove verranno, dalle altre zone umbre oppure, come nei casi sopra citati, da fuori regione? La Regione Umbria, che ha già stanziato per l’impianto un contributo da oltre 3 milioni di euro a fondo perduto, perché nel contratto non ha posto alcuna condizione, ad esempio quella di trattare rifiuti della sola Umbria nei casi di “emergenza” come questo? L’altro grosso problema, nella nostra regione, è rappresentato dall’enorme quantità di rifiuti organici che non superano la “preselezione”, cioè vengono scartati dal riciclo e finiscono in discarica: secondo i dati del 2014, la quantità di scarti a Pietramelina è arrivata quasi al 70%, a Foligno al 66%, a Orvieto al 60%, mentre a Nera Montoro al 30% (dato migliore). Il confronto con le altre regioni sugli scarti è impietoso: in Veneto la città peggiore è stata Bassano con solo il 17%, mentre la migliore, Cerea, non è arrivata all’1%! In Puglia la città peggiore è stata Modugno che però è arrivata al 25%, facendo meglio del nostro migliore impianto di compostaggio… Che senso ha fare la differenziata, il porta a porta e via dicendo, se poi i rifiuti finiscono in discarica? Che senso ha avere impianti di compostaggio nuovi e grandi se poi non trattano i nostri rifiuti organici che trasportiamo altrove, pagandoli “profumatamente”… La vera emergenza in Umbria non sta nei rifiuti, ma nell’assoluta mancanza di programmazione e di amministratori e dirigenti “all’altezza”!!!

Carla Spagnoli

Presidente Movimento per Perugia

mercoledì 8 marzo 2017

Perugina, un “mondo dorato”…


In Perugina si respira un clima di ottimismo dove, verrebbe da pensare, gli operai lavorano a pieno ritmo senza temere il futuro, mentre la Nestlè mantiene le promesse su investimenti e rilancio dell’azienda… O almeno questo è quello che ci vogliono far credere! Davvero la situazione è questa? Davvero la crisi dell’azienda non esiste più? Si è parlato tanto in questi giorni di prodotti Perugina sbarcati o in procinto di sbarcare sui mercati esteri (Basile, Canada, Cina, USA). Bene, ma c’è un piccolo particolare di cui poco si è detto: ad oggi non ci risultano né aumenti dei volumi produttivi (almeno finora) né incrementi delle ore di lavoro! L’unica certezza è la Cassa Integrazione, con il “taglio” in busta di centinaia di euro! Io, che sono una “capitalista”, denuncio questi fatti, ma i sindacati dove sono? Di questa situazione sono contenti giustamente i manager e gli azionisti che vedono aumentati i loro dividendi, ma ne dovrebbero essere “inorriditi” i sindacati, che invece accettano tutto ciò che l’azienda propone e si ergono a “paladini” della Nestlè! Dato che le ore di lavoro non aumentano la domanda è: su che tipo di prodotti Perugina si sta puntando? Solo sui Baci e su qualche tavoletta? Ma quello dei Baci è il reparto più meccanizzato e con il minor fabbisogno di manodopera (bastano circa 10 operai)! La distribuzione dei Baci nel mondo, inoltre, già nel 2012 parlava di 55 paesi! Perché dunque questi toni trionfalistici oggi? Ci risulta anzi che già a Gennaio il reparto dei Baci abbia fatto Cassa Integrazione: ma a Gennaio la fabbrica non è in curva alta nei volumi produttivi? Perché questa Cassa Integrazione se non c’è crisi? La primavera è alle porte e le produzioni di cioccolato sono destinate a calare: con quali produzioni verranno compensate? Una volta c’erano le caramelle e la pasticceria, tutti prodotti dismessi e venduti! E gli altri lavoratori? Che ne sarà di loro in futuro? Quanto poi all’interrogativo della Cisl sulle “cialde” gelato (peraltro già prodotte in passato) la questione ci sembra marginale: il futuro della fabbrica sta nelle cialde? O piuttosto nei prodotti volutamente cancellati e di cui oggi si sente il contraccolpo? Per non parlare delle confezioni, che un tempo erano un valore aggiunto e un vero e proprio distintivo del marchio: oggi le confezioni si sono impoverite nella qualità e ci risulta che in Cina i Baci vengono mandati semplicemente incartati! Dov’è quello stile Perugina che rendeva l’azienda unica nel mondo…? Sui negozi è meglio stendere un velo pietoso: stiamo ancora aspettando il negozio Perugina in centro, sotto le Logge di Braccio… A un anno esatto dalla presentazione del Piano Industriale ci chiediamo: la strategia dei famosi 60 milioni su che cosa si regge? I 15 milioni di euro d’investimenti promessi per lo stabilimento di San Sisto a cosa saranno destinati? Forse ad abbattere i costi di manodopera? Ma la Nestlè fa giustamente i suoi interessi di multinazionale, interessi che vanno oltre questioni di storia e territorio, ma i sindacati che fanno? La tutela dei lavoratori non dovrebbe essere il loro unico interesse? A metà del 2018 tireremo le somme definitive di questo Piano Industriale Perugina. Una cifra sembra già esserci: 200! Ma non sono i milioni d’investimenti bensì gli esuberi che temiamo ci saranno…

Carla Spagnoli
Presidente Movimento per Perugia