Movimento per Perugia

Movimento per Perugia

mercoledì 19 ottobre 2016

Sicurezza a Fontivegge: presidio fisso di Polizia o Esercito?


Lunedì in Comune è stato discusso l’ordine del giorno sull’utilizzo dell’esercito a Fontivegge, votato a maggioranza in Commissione Cultura e appoggiato dallo stesso sindaco Romizi. Ottima la decisione dell’amministrazione per garantire la sicurezza in un quartiere a rischio, tuttavia non sarebbe meglio il presidio fisso di Polizia al posto dell’esercito? Quest’ultimo, infatti, è esclusivamente un deterrente, in quanto i militari sulle strade non possono arrestare un criminale in flagranza di reato, possono solo fermarlo e fare intervenire in secondo tempo le Forze dell’Ordine, gli unici che possono procedere all’arresto. In questo modo però si crea un “doppio passaggio”... I criminali, che oggi sono molto più informati e preparati di quanto si creda, sanno benissimo quali sono i poteri dell’Esercito e quelli delle Forze dell’Ordine; il presidio fisso di Polizia avrebbe molta più efficacia per la sicurezza del quartiere rispetto alla presenza dei soldati… Non è un caso che, dall’inizio di ottobre, i residenti e i lavoratori di Fontivegge si siano attivati con una raccolta firme per chiedere proprio la presenza di un presidio fisso di Polizia h24. È un’ottima proposta e invitiamo tutti i cittadini a sottoscriverla. I nostri militari dell’Esercito non sono agenti giudiziari, come i poliziotti o i carabinieri, ma solo agenti di pubblica sicurezza e hanno quindi le “mani legate”! Ci auguriamo che il Comune e la Giunta Romizi portino avanti e raggiungano l’obiettivo di un presidio fisso di Polizia a Fontivegge, piuttosto che chiedere l’esercito a Fontivegge: se poi si riuscirà ad ottenere il presidio di Polizia e l’esercito insieme sarà solo un bene per Perugia e per i cittadini!

Carla Spagnoli

Presidente Movimento per Perugia

venerdì 14 ottobre 2016

Perugia: gli immigrati protestano, ma chi pensa agli italiani?


Mercoledì un gruppo di circa 50 persone è sceso in strada a Cenerente per protestare. Si trattava forse di famiglie italiane, messe in ginocchio dalla crisi? Erano forse agricoltori, commercianti o artigiani strozzati da un’assurda pressione fiscale? Niente affatto, cari cittadini. I “protestanti” erano immigrati di origine pakistana e africana accolti dalla Caritas che si sono arrabbiati perché da settembre non hanno la loro “paghetta”! Infatti questi “migranti” una volta accolti hanno diritto, oltre al vitto e all’alloggio, anche all’assistenza sanitaria, al vestiario, ai prodotti di prima necessità ma anche a un “pocket money” di 2,50 euro al giorno (circa 77 euro al mese), soldi la cui erogazione, come ha ammesso la Diocesi, è indietro di qualche settimana. È bastato questo piccolo ritardo per scatenare la protesta, per fortuna pacifica, di questi soggetti che sono riusciti persino a ottenere la promessa che si farà qualcosa nei prossimi giorni. Non è la prima volta che degli immigrati, definiti risorse dal Presidente della Camera Laura Boldrini, “fanno i capricci” e si ribellano, a volte per il cibo che non piace, a volte per i posti in cui stanno, altre volte per i soldi non ricevuti; molto spesso esprimono la loro rabbia aggredendo le Forze dell’Ordine, devastando i centri che li accolgono e dando vita a vere e proprie scene di “guerriglia” con tanto di insulti agli italiani… Ma stiamo scherzando? Questa gente pretende di avere tutto e subito quando in Italia sono trattati meglio degli italiani! Care risorse boldriniane, purtroppo gli italiani, a differenza vostra, non hanno cibo e alloggio sicuro e garantito, non hanno “paghette” o aiuti dallo Stato che, anzi, continua a spremerli per trovare risorse, molte delle quali da destinare alla vostra accoglienza… Cari “migranti”, gli italiani, per riscuotere crediti dalla Pubblica Amministrazione o per veder riconosciuto il diritto SACRO a una casa popolare, non aspettano qualche settimana ma anni, e spesso l’attesa è vana! Ci sono famiglie italiane sfrattate dalle case perché hanno perso il lavoro e non possono pagare l’affitto, mentre voi potete stare tranquilli nei vostri centri o hotel senza far nulla tutto il giorno… E mentre voi immigrati potete godere di cure mediche gratuite, ci sono italiani che hanno difficoltà a pagare le spese sanitarie che le Asl non rimborsano perché troppo costose! Chi sono i veri discriminati nel nostro paese? A tutte le note associazioni, sempre in prima fila nel “business dell’accoglienza”, vogliamo chiedere: per i nostri concittadini che cosa fanno? Che aiuto viene dato? È vero che il Vangelo e la Dottrina Cattolica affermano che tutti siamo uguali, ma allora perché i poveri italiani non hanno la stessa assistenza degli immigrati? Degli italiani disoccupati o pensionati che dormono persino sulle auto ed elemosinano un pasto perché hanno perso tutto nessuno se ne occupa: non i comuni, non le associazioni, non i vescovi… Forse perché non portano soldi pubblici? Basta, infine, con la retorica stucchevole che tutti gli immigrati vengono da paesi in guerra: nel 2016 l’asilo politico in Italia è stato concesso solo a circa 3.000 profughi, su oltre 70.000 richiedenti e 130.000 sbarcati. Scappa dalla guerra solo una piccola minoranza di chi arriva! D’altronde, basta vedere come si presentano spesso questi nuovi arrivati sui barconi: robusti, nutriti, ben vestiti e, a volte, pure con il cellulare. Da quale guerra scapperebbero questi soggetti…?

Carla Spagnoli

Presidente Movimento per Perugia

mercoledì 5 ottobre 2016

Polizia Penitenziaria: poliziotti di serie B?


Tre settimane fa un Sovrintendente e un Agente Scelto di Polizia Penitenziaria in servizio presso il carcere di “Capanne” a Perugia sono stati brutalmente aggrediti, a distanza di pochi giorni, da due detenuti extracomunitari, di cui uno attenzionato per fondamentalismo islamico. Questi vili episodi di violenza hanno riportato alla luce le condizioni precarie e assurde in cui è costretto a lavorare il personale della Polizia Penitenziaria. Oggi, in Italia, quando si parla di emergenza carceri, tutti i politici e le associazioni fanno a gara per  solidarizzare con i detenuti, a denunciare le loro condizioni disumane e a proporre amnistie, indulti e la mano clemente dello Stato… Nessuno si preoccupa di riconoscere il lavoro speciale che ogni giorno la Polizia Penitenziaria compie nel mantenere l’ordine e la disciplina all'interno degli istituti penitenziari, sventando tentativi di evasione, di suicidio o risse, né viene riconosciuto l’apporto, spesso determinante, dato dalla Polizia Penitenziaria in molte attività d’indagine giudiziaria. Se la Polizia Penitenziaria si impegna in attività sociali facendo donazioni, chi ne parla? Chi parla dei quotidiani tentativi di fuga sventati dai poliziotti penitenziari, che così contribuiscono a mantenere l’ordine pubblico? Chi da voce a questi fedeli servitori dello Stato? Nessuno! Da anni la Polizia Penitenziaria denuncia, inascoltata, una pesante carenza d’organico; ad esempio nel carcere di Perugia sono presenti circa 230 poliziotti quando, secondo le stime del Ministero, dovrebbero essere circa 300: abbiamo quindi una vacanza d’organico di circa 70 unità! Come si può lavorare in questo stato? È bene ricordare che la Polizia Penitenziaria, oltre ai compiti di custodia, deve anche gestire l’attività di polizia giudiziaria che  riscuote    consensi e stima dalle varie  Autorità Giudiziarie,  il movimento dei soggetti detenuti, le scorte e altre attività tecniche di non poca importanza come la formazione e gestione  della banca dati del DNA di tutti i soggetti che transitano negli istituti penitenziari nazionali. Tutti, in Italia, si “stracciano le vesti” per i casi di suicidio o autolesionismo in cella dei detenuti, ma chi parla dei suicidi tra gli agenti della  Polizia Penitenziaria? Sono più di 100 i poliziotti suicidi solo negli ultimi 10 anni, nel 2015 i casi di suicidio sono stati 10 e il dato, purtroppo, sembra non migliorare nel 2016! Cosa fa lo Stato per affrontare questa tragedia e venire incontro ai suoi poliziotti? È mai stata strutturata una direzione medica della Polizia Penitenziaria, composta da medici e psicologi per tutelare i dipendenti? Nonostante tutto, i poliziotti penitenziari continuano degnamente a fare il loro lavoro, anche oltre le loro forze. Oggi loro si trovano a gestire e rieducare, tra mille difficoltà, una popolazione carceraria composta da molti stranieri (a Perugia i detenuti stranieri sono il 40%), provenienti da etnie e culture diverse e spesso in contrasto tra loro: sono stati stanziati dallo Stato fondi per la formazione e l’aggiornamento dei poliziotti? La risposta, cari cittadini, potete immaginarla… Tutti, a parole, vogliono tutelare i carcerati, ma chi sono i primi ad ascoltare un detenuto in difficoltà? Chi sono i primi ad intervenire quando un carcerato sta male o ha problemi? Chi, in silenzio, ha salvato e continua a salvare vite di detenuti che vogliono suicidarsi? I poliziotti della Penitenziaria, abbandonati e dimenticati dallo Stato!

Carla Spagnoli  - Presidente Movimento per Perugia

lunedì 3 ottobre 2016

Sindacati Perugina, ma chi volete prendere in giro?


Siamo rimasti sbalorditi nel leggere le dichiarazioni del segretario regionale FLAI-CGIL  Michele Greco sulla Perugina. Il sindacalista, soddisfatto, ha annunciato infatti che la «Perugina ha da poco ricevuto un’importante commessa di tavolette da 380 tonnellate che va ad aumentare i volumi e il lavoro previsti». Dottor Greco, è proprio sicuro di quello che dice? Ci risulta che la commessa da 380 tonnellate risale a quest’estate ed è stata da tempo archiviata! Ci risulta anche che questa commessa, seppur importante, non ha generato nessun risultato in termini di incremento del lavoro e di rilancio della produzione… Ma di cosa stiamo parlando? Non è grave che un sindacalista, tra l’altro appartenente al più grande sindacato italiano, si “arrampichi sugli specchi” e tiri fuori una commessa passata e conclusa per dire che in Perugina va tutto bene? Cari sindacalisti, ma chi prendete in giro! Ci può stare che magari vogliate prendervi gioco di me (anche se sono molto più preparata di quanto crediate) ma con il vostro comportamento e le vostre dichiarazioni state prendendo in giro tutti i dipendenti Perugina, che è molto più grave… Il segretario Greco ha poi continuato con le sue “dichiarazioni” e ha replicato al nostro intervento sullo smantellamento del reparto “Strenne” (nostro articolo del 27 settembre 2016), affermando che «in realtà anche questa delocalizzazione era prevista nell’accordo». Ma quale accordo! Nell’intesa tra Nestlè e sindacati, siglata nei mesi scorsi, non ci risulta alcun accenno alla dismissione del reparto “Strenne”, si parla solo della dismissione dei reparti biscotti e zuccheri, con la conseguente vendita di prodotti storici come “Ore Liete” e, soprattutto, caramelle “Rossana” (da noi annunciata mesi prima!). Ammesso anche che l’esternalizzazione delle “Strenne” fosse stata prevista nell’accordo, perché i sindacati non ne hanno mai parlato? Perché la notizia viene data solo ORA, dopo il nostro articolo? Se le cose vanno così bene, come dichiara il sindacalista, nei prossimi mesi non possiamo che aspettarci notizie confortanti, ovvero volumi ed occupazione in crescita! Sarebbe grave, infatti, trovarci di fronte a cali occupazionali, ovvero “esuberi”, magari chiamati come “uscite incentivate”, “mobilità”, “cassa integrazione”, outsourcing, eccetera… Cambierebbe il nome ma non la sostanza! Le bugie hanno le gambe corte e rimandare il problema non solo ha poco senso, ma sarebbe grave per i lavoratori, per il territorio e per lo stesso sindacato che, anziché denunciare i problemi, sembrerebbe nasconderli… Ormai è certo quello che noi avevamo ipotizzato: sono i sindacati, CGIL in testa, i veri “testimonial” della Nestlè in Perugina, i veri sponsor, attivi e convinti, della multinazionale! Ma non erano questi della CGIL a dire che la Perugina era «un’azienda dolciaria, non una fabbrica di solo cioccolato» e che tale doveva rimanere? Si è accorto, il sindacalista, che la Perugina è stata “spremuta” e privata di prodotti storici, che ne hanno fatto la storia? Tutto passato, tutto dimenticato, “compagni” lavoratori! I sindacalisti CGIL sembrano i manager della Nestlè alla Perugina e le dichiarazioni del segretario FLAI Michele Greco potrebbero benissimo essere le parole dette da un manager o, addirittura, dall’Amministratore Delegato di Nestlè Italia! D’altronde i sindacati in Perugina hanno da sempre fatto il bello e il cattivo tempo e sono LORO che hanno portato l’azienda in questo stato! Vogliamo chiudere con alcune domande poste nel nostro intervento sulle “Strenne” alle quali il sindacalista Greco non ha risposto: che fine faranno i lavoratori stagionali, soprattutto donne, che producevano le “Strenne”? Verranno richiamati? Che ne è stato degli agenti storici che si occupavano del reparto?  È vero che alcuni di essi stanno passando alla concorrenza? Gradiremmo una risposta, gentile Dottor Greco…

Carla Spagnoli

Presidente Movimento per Perugia