Movimento per Perugia

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mercoledì 5 ottobre 2016

Polizia Penitenziaria: poliziotti di serie B?


Tre settimane fa un Sovrintendente e un Agente Scelto di Polizia Penitenziaria in servizio presso il carcere di “Capanne” a Perugia sono stati brutalmente aggrediti, a distanza di pochi giorni, da due detenuti extracomunitari, di cui uno attenzionato per fondamentalismo islamico. Questi vili episodi di violenza hanno riportato alla luce le condizioni precarie e assurde in cui è costretto a lavorare il personale della Polizia Penitenziaria. Oggi, in Italia, quando si parla di emergenza carceri, tutti i politici e le associazioni fanno a gara per  solidarizzare con i detenuti, a denunciare le loro condizioni disumane e a proporre amnistie, indulti e la mano clemente dello Stato… Nessuno si preoccupa di riconoscere il lavoro speciale che ogni giorno la Polizia Penitenziaria compie nel mantenere l’ordine e la disciplina all'interno degli istituti penitenziari, sventando tentativi di evasione, di suicidio o risse, né viene riconosciuto l’apporto, spesso determinante, dato dalla Polizia Penitenziaria in molte attività d’indagine giudiziaria. Se la Polizia Penitenziaria si impegna in attività sociali facendo donazioni, chi ne parla? Chi parla dei quotidiani tentativi di fuga sventati dai poliziotti penitenziari, che così contribuiscono a mantenere l’ordine pubblico? Chi da voce a questi fedeli servitori dello Stato? Nessuno! Da anni la Polizia Penitenziaria denuncia, inascoltata, una pesante carenza d’organico; ad esempio nel carcere di Perugia sono presenti circa 230 poliziotti quando, secondo le stime del Ministero, dovrebbero essere circa 300: abbiamo quindi una vacanza d’organico di circa 70 unità! Come si può lavorare in questo stato? È bene ricordare che la Polizia Penitenziaria, oltre ai compiti di custodia, deve anche gestire l’attività di polizia giudiziaria che  riscuote    consensi e stima dalle varie  Autorità Giudiziarie,  il movimento dei soggetti detenuti, le scorte e altre attività tecniche di non poca importanza come la formazione e gestione  della banca dati del DNA di tutti i soggetti che transitano negli istituti penitenziari nazionali. Tutti, in Italia, si “stracciano le vesti” per i casi di suicidio o autolesionismo in cella dei detenuti, ma chi parla dei suicidi tra gli agenti della  Polizia Penitenziaria? Sono più di 100 i poliziotti suicidi solo negli ultimi 10 anni, nel 2015 i casi di suicidio sono stati 10 e il dato, purtroppo, sembra non migliorare nel 2016! Cosa fa lo Stato per affrontare questa tragedia e venire incontro ai suoi poliziotti? È mai stata strutturata una direzione medica della Polizia Penitenziaria, composta da medici e psicologi per tutelare i dipendenti? Nonostante tutto, i poliziotti penitenziari continuano degnamente a fare il loro lavoro, anche oltre le loro forze. Oggi loro si trovano a gestire e rieducare, tra mille difficoltà, una popolazione carceraria composta da molti stranieri (a Perugia i detenuti stranieri sono il 40%), provenienti da etnie e culture diverse e spesso in contrasto tra loro: sono stati stanziati dallo Stato fondi per la formazione e l’aggiornamento dei poliziotti? La risposta, cari cittadini, potete immaginarla… Tutti, a parole, vogliono tutelare i carcerati, ma chi sono i primi ad ascoltare un detenuto in difficoltà? Chi sono i primi ad intervenire quando un carcerato sta male o ha problemi? Chi, in silenzio, ha salvato e continua a salvare vite di detenuti che vogliono suicidarsi? I poliziotti della Penitenziaria, abbandonati e dimenticati dallo Stato!

Carla Spagnoli  - Presidente Movimento per Perugia

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