Tre settimane fa
un Sovrintendente e un Agente Scelto di Polizia Penitenziaria in servizio
presso il carcere di “Capanne” a Perugia sono stati brutalmente aggrediti, a
distanza di pochi giorni, da due detenuti extracomunitari, di cui uno attenzionato
per fondamentalismo islamico. Questi vili episodi di violenza hanno riportato
alla luce le condizioni precarie e assurde in cui è costretto a lavorare il
personale della Polizia Penitenziaria. Oggi, in Italia, quando si parla di
emergenza carceri, tutti i politici e le associazioni fanno a gara per solidarizzare con i detenuti, a denunciare le
loro condizioni disumane e a proporre amnistie, indulti e la mano clemente
dello Stato… Nessuno si preoccupa di riconoscere il lavoro speciale che ogni
giorno la Polizia Penitenziaria compie nel mantenere l’ordine e la disciplina
all'interno degli istituti penitenziari, sventando tentativi di evasione, di
suicidio o risse, né viene riconosciuto l’apporto, spesso determinante, dato
dalla Polizia Penitenziaria in molte attività d’indagine giudiziaria. Se la
Polizia Penitenziaria si impegna in attività sociali facendo donazioni, chi ne
parla? Chi parla dei quotidiani tentativi di fuga sventati dai poliziotti
penitenziari, che così contribuiscono a mantenere l’ordine pubblico? Chi da
voce a questi fedeli servitori dello Stato? Nessuno! Da anni la Polizia
Penitenziaria denuncia, inascoltata, una pesante carenza d’organico; ad esempio
nel carcere di Perugia sono presenti circa 230 poliziotti quando, secondo le
stime del Ministero, dovrebbero essere circa 300: abbiamo quindi una vacanza
d’organico di circa 70 unità! Come si può lavorare in questo stato? È bene
ricordare che la Polizia Penitenziaria, oltre ai compiti di custodia, deve anche
gestire l’attività di polizia giudiziaria che
riscuote consensi e stima dalle
varie Autorità Giudiziarie, il movimento dei soggetti detenuti, le scorte
e altre attività tecniche di non poca importanza come la formazione e
gestione della banca dati del DNA di
tutti i soggetti che transitano negli istituti penitenziari nazionali. Tutti,
in Italia, si “stracciano le vesti” per i casi di suicidio o autolesionismo in
cella dei detenuti, ma chi parla dei suicidi tra gli agenti della Polizia Penitenziaria? Sono più di 100 i
poliziotti suicidi solo negli ultimi 10 anni, nel 2015 i casi di suicidio sono
stati 10 e il dato, purtroppo, sembra non migliorare nel 2016! Cosa fa lo Stato
per affrontare questa tragedia e venire incontro ai suoi poliziotti? È mai
stata strutturata una direzione medica della Polizia Penitenziaria, composta da
medici e psicologi per tutelare i dipendenti? Nonostante tutto, i poliziotti
penitenziari continuano degnamente a fare il loro lavoro, anche oltre le loro
forze. Oggi loro si trovano a gestire e rieducare, tra mille difficoltà, una
popolazione carceraria composta da molti stranieri (a Perugia i detenuti
stranieri sono il 40%), provenienti da etnie e culture diverse e spesso in
contrasto tra loro: sono stati stanziati dallo Stato fondi per la formazione e
l’aggiornamento dei poliziotti? La risposta, cari cittadini, potete
immaginarla… Tutti, a parole, vogliono tutelare i carcerati, ma chi sono i
primi ad ascoltare un detenuto in difficoltà? Chi sono i primi ad intervenire
quando un carcerato sta male o ha problemi? Chi, in silenzio, ha salvato e
continua a salvare vite di detenuti che vogliono suicidarsi? I poliziotti della
Penitenziaria, abbandonati e dimenticati dallo Stato!
Carla
Spagnoli - Presidente Movimento per
Perugia
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